La poesia salverà il mondo
Discorso nell'ambito del convegno "Soul Healing-la guarigione attraverso la conoscenza di noi stessi" - 22 giugno 2024
Relazione di Roberto Croce
(scrittore, avvocato e solicitor of E.&W.)
Buonasera. Innanzitutto ringrazio Sabrina Mainolfi, Presidente dell’APS Il portale della conoscenza, per la speciale opportunità che mi ha offerto chiedendomi di partecipare come relatore a questo convegno.
Il tema della “guarigione attraverso la conoscenza di noi stessi”, a ben vedere, ha carattere profondamente letterario perché connesso al tema del dolore e della condizione umana, affrontato dai filosofi, dai poeti e dagli scrittori di ogni epoca.
Ecco dunque che anche il titolo, certamente provocatorio, da me scelto (La poesia salverà il mondo), si integra perfettamente con gli argomenti che sono stati già trattati e con quelli ancora da trattare.
Nella mia vita “reale” (come se quella da scrittore ne fosse avulsa) svolgo la professione di avvocato. E spesso mi domandano come si concilino la professione di avvocato con la mia anima di poeta, come se un avvocato non dovesse usare il cuore. Se qualcuno lo pensasse metto subito le mani avanti.
Come affermava Piero Calamandrei: "Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l'avvocato no. L'avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L'avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità".
Personalmente, forse è proprio la poesia che mi consente di comprendere meglio l’anima umana e di prendermi cura delle sue debolezze.
La poesia salverà il mondo, dunque.
Intanto, spero vivamente che il mondo conservi un po’ di poesia, perché dove c’è poesia c’è ancora umanità.
Ma, guardandola più da vicino, questa poesia, cos’hanno in comune i romanzi della grande letteratura mondiale, da Tolstoj a Dostoevsky, da Thomas Mann a Jane Austin, con i versi di Giacomo Leopardi, Alda Merini o Salvatore Quasimodo, solo per citarne alcuni fra i più grandi degli ultimi due secoli?
La capacità di dipingere le impercettibili sfumature di colore delle emozioni.
“La bellezza salverà il mondo”, scrisse Fedor Dostoevsky ne “L’idiota”. Di quale bellezza parlava? Non certo di quella legata ad un canone puramente estetico, tanto mutevole quanto soggettivo. Piuttosto, di quella percezione di immensità che è destinata per sua natura a morire e che invece vive nell’attimo - fosse anche solo un attimo - in cui riesce a generare la nostra “com-passione”, cioè la nostra capacità di soffrire insieme ad essa per la sua caducità terrena. Ed è allora che un’alba, un tramonto, una foglia nel vento o, semplicemente, il sorriso di un bambino riescono a generare l’emozione che percepiamo nell’anima come bellezza, unica ed irripetibile perché destinata a morire.
E che tuttavia ci salva perché ci riporta al centro della nostra umanità facendoci immedesimare negli altri e, più in generale, nel creato.
E che cos’è la poesia se non lo strumento musicale dell’anima, quello che le permette di percepire e di riprodurre le vibrazioni di quelle emozioni che colorano la bellezza?
Parole e suoni che abitano la parte più profonda e più nascosta dell’anima?
Cos’è la poesia se non la cura dell’anima?
Ecco perché “la poesia salverà il mondo”, perché, come l’arte più in generale, restituisce all’anima una dimensione che trascende la sua solitudine, abbraccia la sua umanità e condivide esperienze, valori e speranze.
“La poesia è come l’aria: nasce dal soffio di un’anima, ma diventa respiro per l’umanità”, ho scritto nel mio libro “Parole di favole e favole di parole”, edito da Porto Seguro nel 2022.
“La poesia è un bene prezioso (…), è come lo scoppio di un glicine quando non ne può più di nascondersi alla primavera e allora il suo profumo scivola dai grappoli fino ad aggrapparsi all’aria sottostante, che con un soffio leggero, leggero lo sposterà verso un paesaggio costiero appena dipinto”, è la definizione di Pino Mango, poeta contemporaneo noto ai più come cantante.
Ma la poesia è anche un canto di delfini. Non tutte le orecchie possono percepirla. Il più delle volte, però, come scrisse lo stesso Mango, non si tratta di scarsa sensibilità quanto di mancata abitudine all’analisi intima dei colori che danno all’arcobaleno dei sentimenti la vera tonalità del vivere.
Bella questa immagine, vero? L’arcobaleno dei sentimenti.
Ma non può cogliersi alcun colore di questo arcobaleno se non si parte dalla consapevolezza delle proprie emozioni.
Nelle “note dell’autore” al mio “romanzo emozionale in chiave poetica” intitolato “La libertà di amare” (edito da Ciampi nel 2019) ne ho dato io stesso un quadro definitorio:
“Sono le emozioni le vere protagoniste della nostra esistenza, quelle che motivano ogni nostra azione vestendoci l’anima con la loro stoffa, talvolta pregiata come un broccato, talvolta ruvida e urticante come la lana grezza.
Le emozioni vivono il loro tempo fugace e poi ci lasciano lì, nudi e indifesi davanti a noi stessi, spesso pronti a ricoprirci con le vesti delle loro antagoniste, nella continua ed insoddisfatta ricerca della felicità.
Come in un gioco di specchi, riflettono i nostri stati d’animo mostrando al mondo la nostra innata fragilità, perché nessuna possiede la forza per escludere le altre. Alla gioia si alterna la tristezza; alla speranza, la delusione; all’attesa, l’ansia o la sorpresa; al disgusto o alla rabbia, l’accettazione, la rassegnazione o il perdono; all’offesa, il rimorso; al coraggio, la vergogna o la paura. E tutte si mescolano l’un l’altra come in un frullato di sensazioni di cui percepiamo il sapore solo quando interviene la ragione a contemplarne la bellezza o a placarne il furore”.
Eravamo partiti dalla grande letteratura del XIX secolo.
Tolstoj ci ricorda che il mondo dell’arte e della poesia sono la salvezza dell’uomo perché ne ritraggono la capacità di provare meraviglia.
Dostoyevsky dipinge il mondo interiore dei suoi personaggi, le impercettibili sfumature delle emozioni.
Thomas Mann, nel suo personaggio di Thomas Buddenbrook, esalta la fantasia, la creatività, lo slancio poetico che possiamo mettere in ogni cosa che facciamo.
Sono solo tre esempi, fra gli innumerevoli altri, dove la letteratura richiama la poesia, diventando essa stessa poesia.
Perché in fondo, se la poesia è bellezza e se noi, come abbiamo visto, viviamo di emozioni, siamo noi stessi poesia, anche se non ce ne rendiamo conto.
La poesia esprime vita, racconta la vita. Solo che noi siamo soliti guardare le cose solo dal loro punto di vista materiale.
Un paio di esempi.
Se domandate ad uno scienziato cosa sono le stelle vi risponderà che sono corpi celesti dotati di luce propria.
Se lo domandate ad un poeta vi risponderà citando Confucio: “Le stelle sono buchi nel cielo da cui filtra la luce dell'infinito”.
Se domandate ad un meteorologo che cos’è la rugiada, vi risponderà che si tratta di una precipitazione atmosferica dovuta a condensazione del vapore acqueo in forma di goccioline visibili sui corpi al suolo.
Ma se lo domandate ad un poeta, vi dirà che si tratta del pianto dei fiori. Conoscete la frase di Jim Morrison, il celebre poeta-cantante dei Doors?
“Anche i fiori piangono, ma ci sono stupidi che pensano sia rugiada”.
Voglio leggervi una mia poesia, tratta dal mio ultimo libro, “Il giardino del cuore”, pubblicato nel marzo 2024 dalle Edizioni Progetto Cultura. Si intitola “Un girotondo di fate”:
Si veste d’immenso
la profondità dello sguardo
nell’orizzonte del mare
sopra mille riflessi di luce
come seta nel vento,
e pare una danza -
un girotondo di fate -
quel che s’annuncia al cuore
nello struggente fermento
di un preludio d’estate.
Ebbene, nella visione allegorica de “Il giardino del cuore”, il “girotondo di fate” è uno dei fiori della vita perché descrive quello stato di grazia, di gioia solo immaginata e di anticipazione emotiva (lo struggente fermento) che accompagnano l’arrivo di ogni stagione di sole. Come dire che bisogna sempre guardare al futuro con la gioia che anticipa l’estate, per colorare di sole l’orizzonte del presente.
Come vedete, mi ritrovo molto nella missione comunicativa del poeta e dell’artista in generale. L’arte come condivisione di valori, messaggera di speranza.
La poesia come visione profetica, quasi divinatoria. Non per niente nell’Ottocento il poeta veniva definito “veggente” perché era l’unico che sapeva vedere oltre il mondo visibile.
E qui non posso non citare il più grande poeta italiano dopo Dante Alighieri: Giacomo Leopardi.
Proprio in questi giorni, preparando questa relazione, ho ripreso le limpide pagine di un libro che insegna a leggere i classici (per dovere di citazione, “Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera”, di Guendalina Middei, edito da Feltrinelli) e non ho potuto non re-innamorarmi di questo poeta, a torto relegato nei ricordi scolastici come maestro di pessimismo.
Leggere Leopardi significa invece inoltrarsi nella storia di un’anima: l’anima del poeta, ma in fondo anche la nostra.
Chi non conosce “L’infinito”, il suo capolavoro giovanile (lo scrisse a vent’anni)?
Ecco, proprio dal libro di Guendalina Middei prendo a prestito le “istruzioni per l’uso” per leggere ed apprezzare la poesia:
“(…) Quando leggiamo un romanzo, possiamo sentirci così assorbiti dalla storia da non vedere più lettere, sillabe, righe, ma personaggi che parlano e agiscono nel mondo. E poi strade, alberi, città che rumoreggiano. Una buona storia ha il potere di farci dimenticare che stiamo leggendo un testo e di farci immergere in essa.
Con la poesia, invece, occorre adottare un altro modo di leggere. Bisogna soffermarsi su ogni parola, esaminarla con l’attenzione dell’archeologo che maneggia un reperto antico e prezioso, pronunciarla a voce alta, perfino, per sentire il sapore che lascia sulle labbra. Ma, soprattutto, occorre rendersi conto che dietro ogni parola si nasconde un universo. Ogni singola parola racchiude un insieme di rimandi e significati nascosti, come un velo che aspetta soltanto di essere scostato” (Cit. pag. 78).
La poesia “L’infinito” è emblematica perché rappresenta l’afflato, l’aspirazione pura e ancora ingenua del giovane a cogliere il significato dell’eterno e dell’immensità ispirandosi alla natura. Fremiti e turbamenti che attraversano l’anima. Questa è la poesia.
Un’aspirazione forse innata e quasi trascendente in ogni poeta o, per meglio dire, in ogni anima poetica.
Non oso certo paragonarmi a Leopardi, ma anch’io, in età molto più avanzata, ho raccolto quell’afflato.
Voglio leggervi la mia poesia “L’immenso”, tratta ancora da “Parole di favole e favole di parole”:
“La percepisci
come un brezza leggera
che solleva una foglia
e l’accompagna nel cielo
sino alle soglie del sole,
quella sensazione di immenso,
quando irrompe nel cuore.
È l’immenso piacere
nell’emozione di un viaggio,
quando il bagaglio
è il sorriso di chi anela
stupore.
È come il volo
della mente
quando sfida la paura
ed infonde coraggio,
o l’immenso gioire
in una storia d’amore.
In ogni singolo istante
c’è un alone di immenso
che circonda l’anima,
quando la passione
tinge la vita
con il suo colore più intenso
e, come una vela nel vento,
le dona la forza
per continuare a sognare
anche quando la notte
nasconde la luna
ed ogni entusiasmo
sembra ormai spento.
Ed è quel vento
di passione
che ci regala un sogno
che vince sul tempo
e dona alla vita un senso,
perché la gioia
esiste in un momento
che solo il cuore
può rendere immenso.”
Siamo partiti da Dostoevsky, dalla bellezza e dalla com-passione, e siamo arrivati a Leopardi, il poeta che ha lottato tutta la vita per tenere insieme verità e bellezza.
Vi ricordate la poesia “La Ginestra?” La ginestra è un fiore raro, cresce in luoghi solitari, «cosparsi di ceneri infeconde». È l’unico che riesce a crescere lungo le pendici desolate del Vesuvio. Però questo fiore solitario spande nell’aria un profumo dolcissimo. Cosa intende dire Leopardi?
Che dalla sofferenza e dalla diversità nasce la bellezza.
È vero, spesso i poeti ci parlano di tristezza, di mestizia, di malinconia. Ebbene, leggete fra le righe, oltre le righe.
Ora sapete che la poesia è come un dipinto, o una sinfonia.
Sfumature di colore, spennellate di emozioni nascoste nell’anima. Vibrazioni sonore, melodie, talvolta rulli di tamburo che irrompono nella coscienza per scuoterci dentro, per provocare una reazione, per risvegliare la passione per la vita, magari solo per indicarci una via attraverso quel sentimento positivo che chiamiamo speranza.
Anche la Ginestra narrata da Leopardi «resiste», non si arrende.
C’è sofferenza nella vita? Certamente. Ma il messaggio di Leopardi - e, lasciatemelo dire, il messaggio che volontariamente o involontariamente emerge da tutta la mia più modesta produzione poetica, per chi la conosce e per chi avrà voglia di approfondirla - è un messaggio di forza, di “resilienza” diremmo oggi, e al tempo stesso di rinascita, di fiducia in se stessi e nella vita, di empatia con l’essere umano in quanto tale, in definitiva, di amore.
La ginestra accetta la vita così com’è, con tutte le sue difficoltà e i suoi ostacoli, ma resta comunque lì, a creare bellezza in mezzo al deserto.
Perché la bellezza è la vita e la vita è bellezza.
Vi leggo alcuni dei miei versi.
Lacrime di cielo
(La libertà di amare, 2019)
Cadono lacrime di cielo,
a ricordarci che la vita
è come un temporale.
C’è sempre un arcobaleno
che ci attende,
perché la luce del sole
squarcia sempre il velo
oltre le nuvole scure
e l’amore vince sul male.
La partenza
(Parole di favole e favole di parole, 2022, ora in Antologia IX Premio Letterario Salvatore Quasimodo 2024)
È nella scintilla
la magia del fuoco,
nel decollo
la potenza del volo,
nell’àncora
lo spirito d’avventura.
Ogni partenza
ha mille domande
e una risposta sola:
non c’è mai fine al viaggio
se la curiosità è infinita.
E il nostro viaggio è la vita.
Siamo come il silenzio
(Parole di favole e favole di parole, 2022)
Siamo come il silenzio
sopra una collina di fiori
quando il mattino si sveglia
ignaro del tempo
che lo separa dal vespro
e un soffio di vento
regala la vita
ad una farfalla
che vola
dentro un raggio di sole
con la frenesia di una danza.
Siamo come il silenzio,
e il frastuono è musica
finché batte il cuore.
La barchetta.
(Parole di favole e favole di parole, 2022)
C’era una barchetta
in un angolo di paradiso,
da tempo ormeggiata.
Un pescatore
l’aveva lasciata lì
mentre il sole calava,
come ogni sera,
sulla piccola rada,
e lui, con la rete vuota
e la testa piena di pensieri,
era sparito alla vista
inseguito dal riflesso
del tramonto sul mare.
Era rimasta sola, quella
barchetta abbandonata,
era rimasta ad aspettare.
Venne la marea,
venne la luna piena
che nel buio della notte
si innamora,
vennero albe
e nuovi tramonti ancora,
ma quella barchetta rimane
ancora lì,
nel paradiso del cuore,
come ogni altra che
nella vita
ha trasportato amore.
Pagine strappate
(Parole di favole e favole di parole, 2022)
Un altro giorno è volato via,
un’altra pagina strappata
dal libro della vita,
di questa vita
così spesso strapazzata
dalla nostra insana
e lucida follia.
Non scambiate il sorriso
con l’espressione della gioia
sol perché ci irradia il viso,
ci oscura la tristezza,
o, forse, a volte
anche la noia.
Un altro giorno ci ha lasciato,
quasi senza far rumore,
ed è fuggito via.
Un giorno,
soltanto un giorno,
se n’è andato.
Restano i sogni
a farci compagnia.
Dona un sorriso.
(Il giardino del cuore, 2024)
Dona un sorriso alla vita
anche se la sorte ti ha voltato
le spalle,
brinda all’amore
anche se la gioia
ti è sfuggita,
regala gentilezza
nell’emozione di uno sguardo,
perché c’è sempre una discesa
che corre verso valle
dopo ogni salita,
un roseto senza spine
e una nuova sorgente
dove un cuore in viaggio
possa dissetarsi
prima del traguardo.
Un granello di sabbia
(Il giardino del cuore, 2024)
Siamo solo un granello
di sabbia
sulla spiaggia del tempo
dove la storia
lascia la sua impronta,
al primo soffio
che cancelli la memoria
della fragile esistenza di
un momento.
Siamo vita
o siamo morte?
Forse siamo solo sorte
già dipinta da un pittore,
e nel suo quadro
siamo cielo,
siamo mare
o forse sole,
ma quello che rimane
del più incantevole tramonto
è solo un tratto di pennello
dentro il cuore vagabondo
di un granello
se, prima di volare,
abbia saputo dare
un po’ d’amore.
In ogni passo.
(Il giardino del cuore, 2024)
Cammino,
respiro,
apro il cuore
alla gioia
che bussa alla porta
dell’alba.
E ti cerco in ogni passo,
vita.
Scrive di me Luciana Vasile, nella prefazione de “Il giardino del cuore”:
“Quando scrivo copio dalle emozioni. E trovo nelle poesie di Roberto Croce terreno fertile perché vista, udito, olfatto, tatto e gusto si attivino e i palpiti della suggestione intraprendano la loro libera incondizionata danza, condotti dalla melodia contenuta nei versi della quale fanno parte integrante. Un’altra cifra riscontrabile nella sua scrittura è che pur trattando argomenti simili, tutti intorno al tema dell’amore inteso nelle sue molteplici sfaccettature, riesca sempre a creare da essi qualcosa di nuovo e di inconsueto da raccontarci, da farci vedere, da suggerirci”.
Sono intimamente commosso dagli apprezzamenti alla mia poetica, che certamente solleticano il mio ego e la mia autostima, così come i premi letterari finora ricevuti e quello che riceverò dall’Accademia Tiberina il prossimo 5 luglio a Firenze nel Salone dei 500 di Palazzo Vecchio.
E tuttavia non è questa la mia vera e più profonda soddisfazione. Lo è invece quello di sapere che, attraverso i miei versi, io sia entrato nel cuore anche di uno solo dei miei lettori, abbia condiviso con lui un dolore, una gioia, una speranza, un’emozione.
Nel 2023 ho scritto il mio primo romanzo, “L’illusionista”, pubblicato da Giulio Perrone con il marchio Affiori, che ha ricevuto la segnalazione speciale della giuria al Premio La Ginestra di Firenze, dedicato proprio a Leopardi. “Anche la tua prosa è poetica”, mi è stato detto, perché in fondo la deformazione professionale del poeta è proprio quella di suscitare emozioni.
Proprio Leopardi, da cui ho tratto l’esergo del romanzo, affermò che “il più solido piacere di questa vita è il piacere vano delle illusioni”.
La parola illusione viene dal latino, ludus, che significa gioco, scherzo, inganno. Ebbene, cos’è l’amore? Un’illusione o esso stesso un illusionista?
Il mio è un romanzo che sollecita ad interrogarsi continuamente, fino all’epilogo, sul significato profondo dell’amore.
Tornando per un attimo agli accostamenti letterari, giova ricordare “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austin. Nemmeno il tempo, che per l’autrice è necessario all’amore, nemmeno la catarsi da ogni orgoglio e pregiudizio, può saziare la domanda di fondo: cos’è l’amore?
Ecco perché la poesia, ma qui includo anche la narrativa, è necessaria per “salvare il mondo”, anche se questo è ovviamente un auspicio meramente ideale.
Perché viene dell’anima ed è capace di penetrare nell’animo umano sino a mutarne ogni prospettiva, volgendolo al bene, generandone umanità, “com-passione” per la caducità di ogni cosa terrena e com-partecipazione per la bellezza della vita.
Grazie a tutti per l’attenzione.
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